Alessandro Benetton

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Alessandro Benetton, la stoffa in eredità

18 Lug , 2013  

Tendente golden boy, Alessandro Benetton, figlio di Luciano Benetton e a capo del gruppo di famiglia da un anno, rinnova con la tradizione di casa: le pubblicità scioccanti

L'uomo ha la dolcezza di un pastello. Sguardo blu laguna, jeans délavé, capelli vaporosi come zucchero filato, la voce roca quasi impercettibile: Alessandro Benetton, 49 anni, che da un anno ha preso il posto di suo padre, Luciano, a capo della Benetton, ha qualcosa di simile ad un arcangelo sceso da un affresco di Villa Minelli a Ponzano Veneto (Treviso), sontuosa dimora pre-palladiana del XVI secolo restaurata dai Benetton che ne hanno fatto il quartiere generale del gruppo. Ha assunto le sue nuove funzioni con la calma del bobo newyorkese, cosa che in effetti è stato ai tempi in cui lavorava presso Goldman Sachs, quando andava in ufficio in bicicletta, mangiava hamburger in Central Park e beveva acqua naturale.

"L'unico errore che posso commettere oggi, è andare troppo veloce" ripete come un mantra. Gli eredi hanno due scelte possibili. Essere i cloni dei loro padri fin dalla culla, o affrancarsi per diventare degli outsiders. È il cammino che ha scelto Alessandro Benetton. "Ho preso la tangente, e questa mi ha insegnato la pazienza. Sono partito per gli Stati Uniti, ho studiato ad Harvard, lavorato nel campo della finanza, poi sono tornato a casa, e oggi eccomi presidente del gruppo Benetton." Come salvatore? "Diciamo piuttosto come il nuovo architetto di un marchio che non mi ha aspettato per esistere". Questo in effetti, è stato da suo padre, divenuto molto presto capo famiglia alla morte del suo, Leone Benetton, che noleggiava auto e vendeva bicicletta. La madre, Rosa, è malata. La sorella minore, Giuliana, comincia a lavorare a maglia dei pullover che vende porta a porta. Ha 12 anni e se la cava molto bene, cosa che dà al fratello maggiore, Luciano, l'idea di lasciare la scuola e sviluppare questa piccola attività. Era il 1965. Tutta la famiglia era impegnata in questa attività. Mezzo secolo più di tardi, le tre generazioni sono rappresentate da oltre quaranta persone. Adesso, tocca ad Alessandro Benetton fare la sintesi tra questa eredità familiare, i nuovi dati economici imposti dalla globalizzazione e la concorrenza feroce di giganti come Zara e H&M, che hanno stravolto il mondo prêt-à-porter creando collezioni praticamente ogni settimana: "Cercando di seguire questo ritmo, abbiamo perso dei colpi" analizza Alessandro Benetton. "L'azienda è troppo lenta nel produrre i modelli e sta troppo stretta nel suo mercato essenzialmente europeo". Come mantenere la rotta in queste situazioni? Come non tradire i propri valori fondanti? "Il contesto è difficile", confessa, "ma torneremo ai fondamentali del marchio, a restringere le collezioni, conquistare altri mercati, ritornare ai colori che hanno fatto il nostro successo e a campagne choc". Le pubblicità choc hanno sempre fatto parte del dna del marchio. Ideate all'interno della famosa Fabrica, la fucina di idee creata nel 1994 da Luciano e dal fotografo Oliviero Toscani, e luogo di creazioni di pubblicità commerciali o umanitarie, spesso controverse, come fu, nel 1993, la famosa campagna condotta per la lotta contro l'AIDS che mostrava, tra le altre, la foto dell'americano David Kirby, sieropositivo, sul letto di morte, Una recente campagna Benetton, meno scioccante, conserva il suo carattere impegnato: "Abbiamo scelto nove modelli, molto diversi, ognuno con la sua storia e il suo colore della pelle", spiega. C'è la top model di colore Alek Wek, molto impegnata nelle cause umanitarie, la californiana dai capelli rosa, Charlotte Free, Lea T, la transessuale brasiliana, Mario Galla, modello tedesco disabile. Nove "trend setter" che incarnano l'identità e l'eccellenza di un marchio volto verso il futuro", prosegue Alessandro Benetton. In parallelo, un'edizione limitata di T-shirt con le immagini della campagna sarà venduta online e nei 6500 negozi Benetton presenti in 120 paesi. Il ricavato sarà totalmente devoluto alla Fondazione Unhate, creata da Alessandro Benetton nel 2011 e inaugurata dalla campagna "Unhate" che riprende i codici di Oliviero Toscani. Vi si vedeva Angela Merkel baciare Nicolas Sarkozy sulla bocca o Mahmoud Abbas baciare Benjamin Netanyahu. Nel 2012, il marchio di prêt-à-porter italiano si rivolge ai disoccupati e lancia il concorso Unemployee of the Year. I partecipanti devono avere un'età compresa tra i 18 e i 30 anni e proporre un progetto d'impresa. I vincitori dei cento migliori progetti ricevono 5000 euro ciascuno. "Benetton non è un'azienda come le altre. Quello che conta è che le sue campagne abbiano un effetto sul pubblico, anche se i risultati sulle vendite si vedono in seguito", ricorda Alessandro Benetton. L'acquisto di un maglione Benetton, dunque, non sarà mai un acquisto banale.


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