È un panorama a tinte grigie quello dipinto dall'analisi sulle prime 1.770 aziende che compongono il sistema Italia, che anche quest'anno ha redatto l'ufficio studi di Mediobanca. I risultati che emergono dai bilanci '90 segnalano infatti con enfasi il rallentamento dell'economia del nostro Paese, con punte allarmanti per quanto riguarda il settore industriale e l'indebitamento nei confronti delle banche.
Il fatturalo globale è infatti ancora in crescila rispetto all'89 (+5,5%), ma si sono ridotti in modo cospicuo i margini delle imprese, schiacciati da costi maggiori e competitività, soprattutto all'estero, ridotta. Questo discorso vale soprattutto per il comparto industriale, il cui fatturato da vendita è cresciuto nel '90 del 4,3%, contro il 1,7% dell'89. L'aumento copre in pratica solo l'incremento dei prezzi alla produzione, ed è quindi nominale. Fra i settori, bene l'energetico (+14,1% grazie alla crisi del Golfo), male invece il chimico (-14,7%), il siderurgico (-14,8%), trasporti (-6,6%, prima volta nel decennio) e il meccanico (-6,1 %, dopo quattro anni ininterrotti di crescita). Meglio è andato invece l'anno per il terziario, che ha avuto un fatturato in crescila del 13,1%, contro il +12,3% dell'89. Questa discrasia si spiega con le differenti condizioni ambientali in cui vivono le imprese. Nel terziario, dove sono inoltre comprese tutte le aziende pubbliche, non c'è concorrenza, soprattutto internazionale. Questo fattore è invece presente per le industrie, che soffrono in particolare il peggioramento della congiuntura. Allarmante il quadro per quanto riguarda i margini industriali, che nel '90 sono tornati sotto il livello dcll'84, compiendo dunque un balzo all'indietro di 6 anni. Il +5.37% del '90 è circa un punto sotto il livello dell'89. La riduzione dei margini si motiva in particolare con l'aumento dei costi, in particolare quello del lavoro, ma anche quello dei servizi, degli ammortamenti e degli acquisti. Rimane invece sufficientemente elevato il margine del terziario in rapporto ai ricavi. Gli utili in totale sono stati per le 1,770 aziende oggetto del campione pari a 6 mila miliardi, circa un terzo del risultato dell'89. Per la prima volta mostrano in modesto utile le aziende pubbliche, dovuto però a una diminuzione delle perdite più che a una crescita dei profitti. Le imprese private hanno invece chiuso il '90 con profitti pari a 5.700 miliardi. Un altro tasto dolente è rappresentato dalla forte crescita degli indebitamenti, dovuta in gran parte all'elevato livello degli investimenti, che ha raggiunto l'apice della curva nel '90. A questo dato hanno contribuito maggiormente le imprese di grandi dimensioni, mentre per le medie si è già in presenza di una flessione. In totale gli investimenti fissi lordi sono cresciuti del 31% in rapporto al valore aggiunto. Tornando all'indebitamento, nello scorso biennio il totale dei fondi richiesti al sistema bancario ha superato i 20 mila miliardi, ovvero 2 volte e mezzo circa le risorse fornite dagli azionisti. I debiti sono equamente distribuiti fra breve, medio e lungo termine, ma rappresentano una grossa incognita per il futuro. L'ufficio studi di Mediobanca rileva infatti che l'unica differenza fra il momento attuale del nostro sistema industriale rispetto alla crisi dell'inizio degli anni '80 è dovuto al fatto che ora le aziende riescono a chiudere in utile solo perchè non sono, indebitate: In chiave futura si potrebbe dunque ripresentare un periodo difficile per le nostre aziende. Per quanto riguarda il lavoro. l'occupazione è diminuita in totale di 16.405 unità. Il saldo è ottenuto da un calo di 19.598 unità nelle imprese industriali solo in parte coperto dall'aumento di 3.193 unità nel terziario. La produttività del lavoro nell'industria è inoltre diminuita, e il dato negativo rappresenta una novità nel decennio. Le imprese industriali e del terziario oggetto dell'analisi sono racchiuse in due campioni: il pronto comprende 1.770 società con dati dall'1981 al 1990. Il secondo 1.189 società, studiate dal '68-al '90. Le 1.770 società coprono all'incirca il 40% del fatturato globale delle aziende italiane.
FONTE: Il Messaggero
AUTORE: Auro Palomba